Dai graffiti ai fumetti metropolitani, le architetture urbane si fanno narrative, anche quando… non siamo noi a rielaborarle per i nostri progetti creativi (seconda parte).

Proseguiamo il discorso iniziato con lo spunto del lancio del manga di Naoya Matsumoto nell’articolo precedente di Mario, in cui ci domandavamo appunto se i fumetti possono contribuire a ridisegnare l’arredo urbano delle nostre metropoli. Ebbene, non è una novità che la metropolitana diventi scenario artistico, la sua stessa natura di “Non Luogo” ha sempre lasciato aperto strade immaginifiche agli artisti di ogni genere. Non possiamo non citare il graffitismo, che per primo ha trasformato l’ambiente urbano in una tela vergine da riempire con i colori delle bombolette spray. Keith Haring. è stato pioniere di quest’intuizione rivoluzionaria, di portare l’arte al popolo, trovando nei vagoni della metro un veicolo non solo per spostarsi con il corpo, ma per rendere lo spazio urbano un luogo di raccoglimento spirituale, come se le stazioni fossero nuove chiese, di una nascente religione preannunciata dal vate Andy con la Pop Art, di cui Haring è un’estensione necessaria e naturale.

L’Arte per tutti e gratis (anche se per Warhol non la vedeva proprio così) nasce proprio tra le architetture moderniste, geometriche e minimali (come le stazioni della metro) che ben si adattano ad essere “riempite” dai solitari writers mascherati, che dagli anni Ottanta fino ad oggi hanno visto una spinta espressiva e creativa sempre più incalzante, arricchendo la loro narrazione di temi sociali – come è accaduto alle opere di Cyop & Kaf e Jorit – e culturali, vedi le statue di marmo lasciate libere nei vicoli napoletani di Jago – una vera meraviglia che potrebbe essere definita popclassicismo, e questo solo guardando all’Italia.  All’estero i murales vengono perfino battuti all’asta per milioni di dollari, come accade agli stencil politici di Banksy , mentre gli svedesi sono riusciti ad esprimere il disagio interiore con opere totalmente concettuali: i segni neri e drammatici delle bombolette di Nug sulla metro di Stoccolma ne sono un’affascinante testimonianza.

L’interscambio tra i vari generi artistici mescolati alla cultura popolare, prerogativa della corrente artistica Avant Pop, è un tema molto caro a LiquidSky, e l’originale lancio di Kaiju No 8 ci ha fornito una ghiotta opportunità per indagare un fenomeno a cui siamo interessati sia come professionisti della comunicazione, sia come artisti.

La metropolitana, si diceva, è un veicolo “liquido” che rende la città viva, le fa pulsare il cuore come un’arteria, che ben si sposa con la sequenzialità del linguaggio fumettistico: l’iniziativa di Star Comics, che usa i vagoni come gigantesche vignette che scorrono (come la pellicola di un film, come il movimento di un treno che parte) fonde insieme due modi espressivi che hanno la stessa radice, il graffitismo e il fumetto, dando alla luce un nuova esigenza espressiva, che ben si coglie nel lavoro che la nostra factory sta freneticamente costruendo con il progetto Urban Pix, attraverso la fusione delle architetture urbane con il segno pittorico della tavoletta grafica, un esperimento che trascende i generi artistici.

Architetture pittoriche che siamo riusciti a rendere “liquide” e adattabili ad ogni contenitore: quello musicale, infatti alcune immagini compongono il booklet di un disco per l’etichetta Vrec records, e ora sono scenario del nuovo videoclip della horror rock band dei Mugshots; quello giornalistico, perché hanno illustrato due articoli per il magazine ReWriters, quello televisivo (hanno accompagnato la rubrica Sound Invaders di Wonderland su Rai 4); e infine anche quello letterario come scoprirete nei prossimi mesi (e dalle anticipazioni qui sotto).

Qui sopra l’immagine che anticipa un nostro nuovo progetto multimediale, legato al romanzo Hyde in Time di Mario G., con il leader della band metal dei Death SS Steve Sylvester.

Che lo spazio urbano stia diventando veicolo culturale è il segno della nascita di una nuova coscienza popolare sul modo di rapportarsi all’arte, di come questa sia parte integrante delle nostre vite, come in un unico meccanismo bioarchitettonico.

Nasce l’esigenza di trasformare le metropoli in forme mentali, al limite dell’astratto: pensiamo ai progetti impossibili dell’architetto iraniano Zaha Hadid, che concretizzano questa nuova ricerca estetica. La sua Hadid Tower, che svetta nell’avanguardistico quartiere milanese di City Life, si è prestata infatti con grazia alle nostre manipolazioni grafiche, come potete osservare dalle immagini qui sotto, per il sopra citato videclip della canzone Small Town, New Town dei Mugshots. 

Roberta G.