L’animazione sempre più spesso è protagonista nei recenti videoclip musicali anche di grandi artisti.
L’esperienza di LiquidSky con la Small Town dei Mugshots.

Il videoclip musicale, sin dalla sua esplosione negli anni ’80, è lo spot pubblicitario di una canzone pop (rock, metal, hip hop etc.): un linguaggio che nella sua fase più spumeggiante ha innovato decisamente la video art e sicuramente sperimentato tecniche di montaggio frenetiche e surreali, effetti speciali, le prime applicazioni di CGI, che poi sono diventate pane quotidiano anche nella pubblicità vera e propria e nel cinema spettacolare mainstream.

Basti pensare ai raffinati videoclip musicali di un genio musicale molto ben strutturato anche nelle arti visive come David Bowie (che ad esempio nel ’79 impiegò l’allora avanguardistico Quantel Paintbox per la composizione videografica delle riprese a colori alterati del video del singolo Ashes To Ashes, se ne parla su FantaRock, pgg 76/77), alle produzioni sontuose dei Queen (come nell’interazione musicisti-coriste cartoon in A Kind Of Magic o nella “moltiplicazione” dei Brian May con chitarra laser in The Invisible Man) oppure al costosissimo video postapocalittico dei Duran Duran per il singolo Wild Boys, che sancì il successo mondiale della band di Simon Le Bon, ma che avrebbe dovuto servire come pilota per la produzione di un film – sempre diretto dal regista Russell Mulcahy (quello di Highlander) – tratto dall’omonimo romanzo di William Burroughs (ripassate il clip qui di seguito).

Recentemente, abbiamo notato che una nuova tendenza serpeggia nella produzione di videoclip musicali, anche di grandi artisti già affermati, dai quali ci si aspetterebbe che non avessero problemi a disporre di set adeguati e messe in scena anche articolate per visualizzare le proprie canzoni: l’impiego dell’animazione. Disegni animati, still frame (in pratica fotografie) animati, non di rado i versi del testo della canzone, magari scritti con font originali e ricercati e animati in videografica (QUI una selezione dei più interessanti del 2020 secondo il sito Indie-eye).

Qualche esempio? Guardiamo insieme il clip di Johnny Marr (ex chitarrista degli Smiths), che nella sua Night and Day si muove montato su scenari e fra immagini disegnate e versi del testo sovraimpressi:

Oppure quello di Skin Talk dei canadesi Stuck On Planet Earth, un autentico cartone animato dalla grafica volutamente vintage Sixties, in cui la band nemmeno compare:

Ma anche quello di un famosissimo cantautore rock da 100 milioni di dischi venduti come Bryan Adams, che per la sua Kick Ass sceglie un puro “lyric video”, animando semplicemente i versi del testo della canzone, senza concedere ai fan neanche un primo piano del volto del cantante:

Certo non si tratta di un nome che deve affrontare problemi di budget per un videoclip, eppure… ci avrà messo lo zampino l’epidemia del Covid, rendendo più difficile girare su un set con tutta la troupe in presenza? O forse la crisi del mercato del disco scoraggia grandi investimenti anche per star affermate, perché bisogna fare i conti con le riduzioni nei volumi di vendita dei dischi?

Forse un po’ di tutto questo insieme sta palesemente individuando un trend in crescita, che – come osserva soddisfatta la nostra art Roberta Guardascione – “rappresenta comunque anche un’ottima opportunità per noi illustratori, perché non dover per forza inserire in un clip le solite sequenze col cantante in primo piano o la band che suona ci offre maggior libertà creativa: ora tutta la narrazione è nelle nostre mani, possiamo creare interi mondi, come ad esempio in The Writing On The Wall, l’ultimo ambizioso cartoon horror-biblico degli Iron Maiden”.

Ma anche chi ha minori budget da investire e non può contare proprio su un team della Pixar può ingegnarsi ed impiegare con gusto piacevolmente rétro anche stili di animazione rudimentali del passato, come ad esempio lo stop motion, o comunque un’animazione elementare di disegni appunto ispirate ai fumetti pulp degli anni ’50 e schegge testuali. Guardatevi ad esempio Hanging On Your Hinges degli Stereophonics:

Quello del quintetto britannico è uno degli esempi cui ci siamo ispirati anche noi di LiquidSky per affrontare il nostro primo videoclip musicale, attualmente in lavorazione: si tratta di Small Town, New Town dei Mugshots, band bresciana di respiro (e collaborazioni) internazionali, previsto in uscita quest’anno sul prossimo album del gruppo, Gloomy, Eerie and Weird.

La canzone s’ispira a un racconto di Philip K. Dick: Piccola Città, raccolto nel secondo volume dei racconti completi dell’autore di Blade Runner (film che nel 2022 festeggia i 40 anni dalla prima uscita sugli schermi, lo vedete nella gallery), dedicata all’anno 1954 della sua fluviale produzione (ed. Fanucci, copertina qui sotto).

Nella storia, il protagonista rimodella la città in cui vive a proprio piacimento partendo dal plastico dei trenini cui lavora per passione in cantina.

Il testo della canzone, scritto dal cantante Mickey E.Vil, elimina il trenino giocattolo ma parla semplicemente di “un luogo sotterraneo in cui vivere il mio tempo senza disperazione” (di seguito un estratto dei versi originali):

“This life, this town
This wife, these clowns
They’re all around
I’m underground
I have a place
Where I can stay
And live my days
With no disgrace

I’ll do it on my own
I’ll do it on and on

Let’s do it
Now let’s do it
(…)”

La nostra sceneggiatura ha quindi puntato sull’identificare la musica come l’elemento dirompente con cui il protagonista della canzone ribalta l’opprimente conformismo della vita quotidiana (“lo farò da me, lo farò e lo rifarò ancora!”), ben evocata dalle tavole disegnate da Roberta, in cui prevale una tavolozza di colori rugginosi e seppiati, al fine di rendere il mood retro-futurista di un racconto che proviene appunto dagli anni ’50 e che si deve sposare a un’animazione 2D a propria volta dichiaratamente vintage, tra il Viaggio nella Luna di Méliès, di cui riconoscerete l’aroma nella tavola qui sotto, e le geometrie urbane del Metropolis di Fritz Lang.

Coerentemente con questo mood, anche la band che suon non sarà video ripresa, bensì fotografata e quindi gli still animati come vedete nel clip degli Stereophonics (o anche nella sigla di Wonderland, per capirci).

E, dato che non siamo gelosi del nostro lavoro, qui sotto vedete in anteprima galattica alcune delle prime tavole realizzate da Roberta col metodo da noi definito “Urban Pix”, dato che i disegni rielaborano foto scattate da Mario nelle zone più futuristiche di Milano, e qualche pagina dello story board preparatorio del video.

Curiosi? Cosa ve ne pare di quest’assaggio? Fatecelo sapere o chiedeteci anche voi un progetto per il vostro video.
Intanto restate connessi, presto potremo mostrarvi una Small Town molto più… Metropolis!

Restate connessi, perché torneremo a sviluppare l’argomento nel nostro contributo al numero di aprile 2022 del Mag Book ReWriters, I suoni del nostro tempo, a cura di Ernesto Assante (Repubblica/Media-Trek).