Dati Nielsen fotografano il calo negli investimenti pubblicitari seguito al lockdown: le previsioni per il 2020 si attestano fra -10 e -20%. Solo il digital sembra resistere al crollo. (Cover Photo by Sarah Louise Kinsella on Unsplash)

Non è certo il momento più promettente per inaugurare il blog di una nuova agenzia di comunicazione. D’altronde, come si suol dire, “quando il gioco si fa duro…”.

Nonostante un deciso incremento di fruizione dei media, in particolare di pay tv, piattaforme di streaming online etc., quindi i segmenti più innovativi ed economicamente promettenti del settore, il periodo del lockdown che speriamo stia andando verso la conclusione ha portato con sé anche una vera débacle degli investimenti pubblicitari, come rilevato da Nielsen nel rapporto La pubblicità nel primo trimestre 2020: attraverso la crisi con lo sguardo al futuro. “Rimanere a casa ha ampliato il consumo di tv”, rileva l’istituto di ricerca: se in Cina il tempo passato davanti allo schermo è cresciuto del 18%, in Germania è aumentato dai circa 76 agli 85 minuti medi giornalieri, mentre i telespettatori francesi si sono incrementati del 35%, per fare solo qualche esempio dai mercati più simili al nostro.

Più tv, meno adv

Tuttavia, la pubblicità non ha beneficiato di quest’aumento di “teledipendenza globale”: gli investimenti infatti segnano un -29% nel marzo 2020 rispetto allo stesso mese del 2019, e le previsioni per il mese di aprile non sono certo migliori. La raccolta pubblicitaria di alcuni media, di fatto bloccati dal lockdown, come le sale cinematografiche e le reti Go Tv (gli schermi in stazioni ferroviarie, aeroporti, metropolitane, autobus, autostrade etc.), è risultata completamente azzerata; ma anche quella dei mezzi che parrebbero aver beneficiato del corrispondente incremento di “audience captive” (definizione quanto mai appropriata!) in realtà non ha bilanciato il crollo: si registrano infatti un -30,9% per la tv, -34,1% per i quotidiani e -31,5% per la stampa periodica, persino il comparto digital mostra un (seppur più contenuto) calo del -19,2%.

Apocalypse now, dunque, per dirla con Coppola? Certo, il momento non è facile, ma quello che è avvenuto in Italia non è poi molto diverso da quanto avvenuto in tutto il mondo, come riporta la newsletter IdeeIdeas: nel mese in esame, in Francia e in Spagna il mercato ha segnato -29%, negli Usa -11%, in Germania -6% e a Singapore addirittura -31%! Il punto quindi non è tanto che sia in declino l’interesse del pubblico per uno o alcuni media né tantomeno rivoluzionato l’equilibrio fra essi: è solo che le aziende inserzioniste hanno prudentemente rallentato gli investimenti, preparandosi ad assorbire l’attesa di un calo generalizzato nella domanda di prodotti.

Media e settori

Entrando poi nel dettaglio dell’andamento dei singoli media, Nielsen c’informa che – se complessivamente l’ultimo trimestre chiude a -9,2% – “spaccando” il dato aggregato apprendiamo che la tv è calata del 10,5%, i quotidiani hanno perso il 18% e i periodici il 21,2%, la radio l’8,9% (dopo un -41,6% nel mese di marzo), mentre la pubblicità outdoor e transit ha ovviamente sofferto le limitazioni alla circolazione di mezzi e persone, con cali rispettivamente del 22,6% e del 30,2% nel trimestre (dopo un marzo rispettivamente a -47,4% e a -60,9%).

Mentre, se mettiamo a fuoco i diversi settori merceologici, risulta che in marzo hanno investito di più solo quelli dei comparti gestione casa e enti/istituzioni, in prima linea nell’offrire servizi domestici e campagne sociali a noi “reclusi”: rispettivamente segnano un bel +17,5% e +9,8%, che portano a +6,3% e +17,2% l’intero trimestre. Nel singolo mese di marzo in esame calano tutti gli altri, in testa prevedibilmente turismo/viaggi (-85,4%) e tempo libero (-80,1%). Invece, grazie al buon andamento dell’ultimo bimestre, resistono altri quattro settori che chiudono in positivo il trimestre: distribuzione (+7,9%), bevande/alcolici (+8,7%), industria/edilizia/attività (+5,9%) ed elettrodomestici (+3%).

Prudenza o paura

Ora riflettiamo un istante sulla frase di prima, le aziende inserzioniste hanno prudentemente rallentato gli investimenti”: sarà stata vera prudenza? Certo, hanno ridotto i costi su cui potevano intervenire rapidamente senza conseguenze social/sindacali sapendo di doversi attendere minori ricavi. Ma da un punto di vista strategico no, hanno probabilmente sprecato una chance: col calo generalizzato, sicuramente le concessionarie avranno offerto prezzi stracciati pur di non perdere inserzioni, e le aziende che se ne fossero avvalse avrebbero quindi acquistato un’audience accresciuta a prezzi ridotti. Un’occasione ghiotta, che in qualunque momento sarebbe il sogno di ogni azienda, per conquistare/rafforzare la propria posizione competitiva; rifiutare l’opportunità è una “prudenza” che fa un po’ rima con… paura del futuro?

I duri iniziano a giocare

Noi, che proprio in questo scenario sconfortante inauguriamo l’avvio di LiquidSky Agency, festeggiamo almeno che i media che hanno perso meno nella Caporetto epidemica sono quelli dell’universo del digital advertising, che lasciano a terra solo il 2% del loro fatturato, ossia quelli su cui maggiormente puntiamo noi stessi per connetterci/vi – come dice il nostro claim – al futuro della comunicazione

Convinti che da questa crisi non potrà che sortire una netta accelerazione verso il nuovo che noi stessi rappresentiamo con la nostra struttura “liquida” (smart work, digitalizzazione, maggiore agilità operativa per migliori risultati etc.), con questo articolo inauguriamo, oltre che il blog stesso, un ciclo di servizi in cui chiederemo ad alcuni esperti il loro punto di vista sul presente dei rispettivi settori: cinema, editoria… beh, leggerete e scoprirete.

Per ora benvenuti, tornate presto a trovarci.

Mario G