La nuova campagna del tonno Consorcio ribalta abilmente la filosofia della Pop Art, trasformando l’oggetto di consumo in Arte Alta.

Nuovo spot televisivo per il tonno Consorcio, storico marchio nato negli anni ’50 in Spagna, che si è diffuso sul mercato italiano dal 1957 come leader nel tonnoin scatola, brand sempre associato ad un’immagine di gusto raffinato e di lusso. Lo spot, che riprende il mood della campagna lanciata l’anno scorso con lo slogan “Artisti del gusto”, è prodotto dall’agenzia torinese Little Bull Studios e lo vedete qui sotto.

Il set è una galleria d’arte, in cui le opere prendono vita al passaggio della scatoletta di tonno, distogliendole dalle loro eterne pose per voltarsi a guardare l’unico oggetto del loro desiderio: il tonno Consorcio, ovviamente.

Associare un prodotto commerciale ad un’opera d’arte non è in sé cosa nuova: in questo caso però il gioco è duplice perchè il prodotto in questione presenta un design simile alla famosa opera Campbell Soup di Andy Wharol, icona indiscussa della Pop Art, in cui le opere d’arte diventavano proprio gli oggetti di consumo con le loro pubblicità e i loro manifesti ammiccanti e colorati, nuove icone del moderno culto religioso del consumismo.

La Pop Art ha saputo raccontare il radicale cambiamento che il boom economico ha provocato nella società, di come la pubblicità sia diventata parte delle nostre vite, offrendoci una visione idealizzata e scintillante di noi stessi. La pubblicità è diventata così una nuova forma d’arte che assorbe gli altri media, come il cinema e la musica, per concretizzare un desiderio in forma di oggetto.

Il barattolo di cibo in scatola immortalato nelle serigrafie di Wharol è un esempio di come un prodotto apparentemente banale può trasformarsi in opera d’arte perché decontestualizzato e caricato di una nuova narrazione, che lo eleva a immagine che racconta la società che lo consuma.

Lo spot in questione oggi, molto ben confezionato grazie all’effetto 3D CGI dell’abile regia di Salvatore Restivo, ci ricorda questa filosofia, perché nella galleria d’arte tutte le altre opere riconoscono nella scatoletta il potere della fascinazione che solo un oggetto d’arte può avere, un concentrato di bellezza esteriore, poiché il contenitore ha un design molto elegante dalle reminiscenze vintage, proprio come la famosa zuppa wharoliana, ma tutto da scoprire poiché il vero gusto si cela al suo interno, nel suo contenuto, proprio come in un’opera d’arte.

Questo è il focus dello spot: giocare sul parallelismo del gusto artistico con quello del palato. Una manovra molto interessante (anche se non nuova, essendo ricorrente nel mondo pubblicitario prendere in prestito la grammatica di altri linguaggi, come quello musicale o dall’immaginario della nona arte, il fumetto), perché rappresenta il ribaltamento del dogma della Pop Art: in questo caso è la pubblicità a prendere elementi iconografici dell’Arte Alta. Negli spot che guardiamo abitualmente in TV non è raro incontrare la Gioconda che pubblicizza la carta igienica assieme al suo Leonardo come nella campagna della Foxy, o la Venere di Botticelli che fa la reclame al caffè (qualche anno fa la Lavazza ha scritturato Julia Roberts per interpretarla in uno dei suoi spot), una scelta ardita e deliziosamente dissacrante, mettendo in evidenza l’importanza del testimonial: un’opera d’arte iconica offre la garanzia di essere immediatamente riconosciuta, e quindi più facilmente desiderabile.

Ed è proprio il desiderio il Claim dello spot del Consorcio, che recita: “Un tonno talmente unico che è impossibile non desiderarlo. Desiderio di gusto e bellezza, che la pubblicità prende in prestito dall’Arte per arricchire i propri contenuti e raccontare la società attraverso un linguaggio che negli anni si è sempre più affinato, riuscendo a produrre veri e propri capolavori visivi.

Roberta G.

P.S.: il disegno in apertura, come sempre è un’originale interpretazione pop by Roberta G dell’oggetto di consumo quotidiano come “zuppa d’arte & comunicazione commerciale”.